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TOUR DELLA TUSCIA VITERBESE

Lazio - Viterbo (VT)

Viterbo

Viterbo è definita da secoli la città dei Papi, in memoria del periodo in cui la sede papale fu appunto spostata in questa città che ancora porta i segni di quel fasto, pur avendo origini ancora più antiche.La "Città dei Papi", capoluogo di antica origine etrusca e di grandi tradizioni storiche, conserva un assetto monumentale tra i più importanti del Lazio: aristocratici palazzi, monumenti ricchi di opere d'arte di spiccato interesse, suggestivi quartieri medievali, chiese e chiostri di varie epoche, torri slanciate ed eleganti fontane in peperino (la tipica pietra delle costruzioni viterbesi).Il nucleo storico iniziò a svilupparsi verso l'anno 1000 intorno all'antica Castrum Viterbii sul Colle del Duomo e nel breve volgere di poco più di due secoli, raggiunse uno sviluppo talmente notevole da contendere alla vicina Roma l'onore e l'orgoglio della sede papale. E' cinta da alte mura medievali merlate e da massicce torri (costruite dal 1095 al 1268), ancora oggi pressoché intatte, con accesso da 8 porte.

Tuscania 

Tuscania è situata a 16 Km dal capoluogo Viterbo e conta circa 8000 abitanti. La posizione favorevole la pone a pochi chilometri dal mare,dal lago di Bolsena,da Viterbo.La città è ben tenuta ed accogliente con un bel centro storico ed una parte moderna che negli ultimi anni ha avuto un costante sviluppo
 
Villa Lante
 
Tra le ville, i complessi monumentali, le dimore storiche e i castelli presenti sul territorio viterbese, villa Lante interpreta meglio di tutti il più attuale concetto di rapporto tra architettura e paesaggio ambiente, tra costruito e natura. Ideata come residenza estiva dei vescovi di Viterbo e realizzata tra il XVI e XVII secolo per volere del cardinale Raffaele Riario, nipote di papa Sisto IV della Rovere, la villa si trova a sud del borgo medioevale di Bagnaia, alle pendici dei monti Cimini ed è ad esso collegata attraverso tre assi viari convergenti verso la piazza principale. Il parco attualmente è annesso solo in piccola parte alla villa e originariamente era destinato ad attività venatoria e al riposo. Nel 1566 il cardinale Gian Francesco De Gambara, affascinato dal luogo, commissionò al celebre architetto Jacopo Barozzi, detto il Vignola, un progetto che desse concretezza e originalità alla sua idea.Tra il parco di Villa Lante e il giardino formale esiste un rapporto tematico, costituito da numerose fontane presenti nel parco con elementi scolpiti in peperino e sedili distribuiti lungo i 18 ettari per gratificare la sosta durante le passeggiate. Il giardino formale è delimitato dal muro di cinta che costeggia la strada romana e, verso il parco, da muri di terrazzamento. Inizia alla sommità della Grotta del Diluvio, sullo stesso terrazzamento, circondata da alte siepi di bosso e sedili in peperino, si trova la fontana dei Delfini.Il parterre è dominato al centro da una grande fontana quadrata, contornata da aiuole di bosso che, oltre a disegnare fantasiose forme geometriche, è modellato a mò di vasca. La fontana detta dei Mori è ripartita in quattro vasche che presentano al centro una barchetta occupata da un guerriero. 

Civita di Bagnoregio

Civita di Bagnoregio in provincia di Viterbo (Lazio),  è composta in realtà da due paesi collocati a breve distanza uno dall’altro. Bagnoregio, la cittadina più moderna, e poi Civita, il borgo medievale vero e proprio, arroccato a 484 metri di altezza s.l.m., che purtroppo rischia costantemente di perdere i suoi edifici a causa delle continue frane dello sperone di tufo (vedi ultimo paragrafo di questo articolo), che mettono seriamente a rischio la sua stabilità e sopravvivenza. Il Borgo di Civita è situato su una collina, accessibile soltanto a piedi (dunque niente auto e smog all’interno del paese e nel meraviglioso centro storico) per mezzo di un lungo ponte in pietra e cemento molto ripido, che lo unisce a Bagnoregio (nome che deriva da Balneum Regis, per via di acque termali presenti in loco), il paese dove la maggior parte degli abitanti si è trasferita per motivi di sicurezza. Oggi, Civita di Bagnoregio ha solo circa 10 residenti stabili tutto l’anno, così pochi che è stata soprannominata “la città che muore” (espressione coniata dallo scrittore Bonaventura Tecchi, 1896-1968). Molti degli edifici, a Civita, vengono acquistati da ricchi italiani che vengono qui per le vacanze. Tuttavia la città soffre della costante erosione della sua roccia vulcanica nella valle sottostante e per questa fragilità di tutto il complesso, è sicuramente uno dei luoghi più affascinanti da visitare, prima magari che qualche crollo più consistente ne mini del tutto la fruibilità. Civita è una città medievale affascinante, quasi del tutto intatta dal Rinascimento.La cittadella di Civita di Bagnoregio è situata sulla vetta di un notevole colle e offre di sé uno spettacolo incomparabile a chi la osserva dai punti panoramici di Bagnoregio.

Bolsena

Bolsena sorge su un colle alle pendici dei Monti Volsini, in bella posizione panoramica sul versante nord-orientale dell’omonimo grande bacino vulcanico. Si tratta di un centro ancora fortemente legato all’agricoltura e soprattutto alla pesca, ma che al contempo è divenuto un’importante e rinomata località turistica, frequentata in tutte le stagioni sia per lapresenza dello splendido lago e per l’atmosfera tranquilla del borgo, sia in virtù della salubrità dell’aria e delle invidiabili condizioni climatiche: elementi, quest’ultimi, che sin dai tempi più remoti spinsero l’uomo a vivere in queste terre. La storia di Bolsena si perde infatti nella notte dei tempi: già in epoca preistorica lungo il litorale vi si trovava un villaggio di palafitte, i cui resti sono stati rinvenuti nelle acque del lago. Nel periodo tardo-villanoviano si svilupparono invece una serie di piccoli villaggi, strettamente subordinati alla vicina Velzna (Volsinii) - probabilmente l’odierna Orvieto. In seguito, tuttavia, le sorti si ribaltarono: dopo la conquista dei romani di Velzna (III sec. a. C.), l’antico centro umbro fu pressoché abbandonato e misteriosamente sostituito da quella che sarebbe man mano divenuta la fiorente Volsinii “nuova” (Volsinii Novi), situata in posizione leggermente elevata rispetto l’attuale insediamento di Bolsena e di cui rimangono i resti di antiche strade urbane e i ruderi di numerose case privatee di edifici religiosi. Se nell’antichità Bolsena aveva favorito della Via Cassia per lo sviluppo dei suoi commerci, nell’Alto Medioevo fu proprio la consolare a decretarne in un certo senso la rovina, esponendola a varie scorrerie di eserciti barbarici: dopo il dominio longobardo, Bolsena finì col ricadere sotto l’orbita della vicina Orvieto. Successivamente però, con lo sviluppo dei traffici sulla Via Francigena (che percorreva pressappoco il tracciato della vecchia Via Cassia romana), la città conobbe una certa rinascita, divenendo oggetto di feroce contesa tra la famiglia Monaldeschi della Cervara (che l’avrebbe tenuta tra il XIV e il XV secolo, seppur in maniera incostante) e la Chiesa, per poi passare  definitivamente, a partire dalla seconda metà del Quattrocento, al patrimonio di San Pietro. 
Nonostante la scandalosa proliferazione edilizia nelle campagne sottostanti, il borgo di Bolsena rimane oggi, senza dubbio, uno dei più suggestivi e pittoreschi del Lazio: si distingue scenograficamente, sin da lontano, per l’aspetto compatto datogli dal color bruno - dal tono ora carminio ora rosato - della roccia tufacea,in cui si innesta spesso il grigio del peperino. Il centro storico, d’aspetto in parte medievale e in parte rinascimentale, ricco d’arte e mirabilmente conservatosi nei secoli, si presenta assai grazioso al visitatore, con negozi, botteghe, ristoranti dall’aspetto caratteristico e con abitazioni spesso ornate con drappi, fiori e piante. Incantevole soprattutto la zona attorno alla rocca, con scure casette in pietra locale che danno perfettamente l’idea di un antico villaggio peschereccio, e sulle quali incombe da vicino la mole imponente del maniero. Bolsena è infatti dominata dalla massiccia Rocca Monaldeschi, uno suoi dei monumenti più rappresentativi, sulle cui torri sventola, spavaldo, lo stendardo comunale a bande giallo-rosse. A pianta quadrata e guarnito di quattro torri, il castello fu eretto dagli Orvietani tra il XIII e il XIV secolo, e in seguito subì molte ristrutturazioni. Oggi è sede del Museo Territoriale del Lago di Bolsena che custodisce repertivillanoviani, etruschi, romani, e in cui, tramite pannelli didattici e ricostruzioni virtuali, è descritta la storia geologica ed antropica del bacino lacuale. Sul breve camminamento di ronda delle torri si può godere un magnifico panorama sull’intero lago e sulle sue isole, simili a due gigantesche balene. Un altro monumento di notevole importanza, non solo artistica ma anche religiosa, è poi la Collegiata di Santa Cristina, che sorge nella parte più bassa del paese. Fu eretta nel XI secolo in stile romanico (di cui resta il poco postumo campanile ornato da tre piani di bifore), ma venne rimaneggiata alla fine del Quattrocento con la costruzione dell’elegante facciata rinascimentale, ad opera dei maestri Buglioni. L’austero interno, a tre navate con colonne in parte di derivazione romana, conserva numerose opere d’arte: varietele del XVII e del XVIII secolo, alcune terrecotte e ceramiche policrome di scuola robbiana raffiguranti vicende del martirio della Santa Patrona (Cappella di San Michele) e, nella Cappella di Santa Cristina, bellissimi affreschi del XIV e XV secolo, anch’essi incentrati sullo stesso tema: si racconta che nel 292 Cristina, la giovane figlia di un prefetto romano convertitasi al cristianesimo contro il volere del padre, fu, per ordine dello stesso, prima barbaramente torturata e quindi gettata nelle acque del lago con un masso legato al collo: il sasso, tuttavia, miracolosamente, non andò a fondo bensì galleggiò, facendo salva così la fanciulla e indicandone a tuttigli scettici astanti la santità. La Collegiata è inoltre nota per il Miracolo del Corpus Domini, avvenuto - secondo la tradizione - nel 1263: le reliquie (un marmo macchiato dell’ostia sanguinante) sono custodite nell’altare maggiore della barocca Cappella del Miracolo (1693),dove si ammira anche una tela di Francesco Trevisani, a ricordo dell’evento sacro. Dalla Cappella del Miracolo si accede alla Grotta di Santa Cristina, checonserva (incastonata in un ciborio del IX secolo) una pietra basaltica con impresse le orme della Martire (ella la calpestò prima di essere spintanelle acque del lago) e da dove diparte un esteso complesso di catacombe, risalenti ai secoli II-V d. C.: qui si trova il sarcofago con le spoglie della Santa. Alle sacre e profonde memorie celatenella Collegiata sono peraltro legati i due eventi più noti di Bolsena: il 18 giugno ha luogo la festa del Corpus Domini, che trasforma le vie delpaese con una maestosa infiorata ed una colorita processione; il 23 e il 24 luglio si svolge invece la suggestiva rievocazione dei “Misteri di Santa Cristina”, una rappresentazione dal vivo della vitae del martirio dellasanta Patrona. Dopo la Collegiata, l’edificio religioso più significativo di Bolsena è sicuramente la Chiesa di San Francesco, posta difronte all’ingresso del borgo medievale. Mantienel’originario aspetto gotico del XIII secolo: notevoli il portale e, all’interno a navata unica, un crocefisso del Pastura. Altri templi da ricordare sono la romanica Chiesetta di San Salvatore (con campanile maiolicato), semi-nascosta nei vicoli del borgo, e una chiesa abbastanza malmessa ma con bella facciata gotica, situata nei pressi di Volsinii Novi e della rocca. Infine, tra gli edifici civili di notevole pregio, citiamo il gotico Palazzo Ranieri (fine del XIII sec.) e il Palazzo del Drago (XVI sec.), con all’interno ricchi e pregevoli affreschi delle scuole del Perin, del Vaga e del Tibaldi. 

Bomarzo ed il Parco dei Mostri

Bomarzo, borgo del Lazio alle falde del Monte Cimino, possiede un'opera unica al mondo, la Villa delle Meraviglie, chiamata anche Sacro Bosco, spesso definito Parco dei Mostri. Venne progettato dal principe Vicino Orsini e dal grande architetto Pirro Ligorio nel 1552. lI parco, pur inserendosi a pieno titolo nell'erudita cultura architettonico-naturalista del secondo Cinquecento, costituisce un unicum. I raffinati giardini all'italiana sono realizzati su criteri di razionalità geometrica e prospettica. con ornamenti quali le ampie terrazze, le fontane con giochi d'acqua e le sculture manieriste. Al contrario, il colto principe di Bomarzo si dedicò alla realizzazione di un eccentrico "boschetto" facendo scolpire nei massi di peperino, affioranti dal terreno, enigmatiche figure di mostri, draghi, soggetti mitologici e animali esotici, che altenò a una casetta pendente, un tempietto funerario, fontane, sedili e obelischi su cui fece incidere motti e iscrizioni. Il Sacro Bosco, non rispettando le consuetudini cinquecentesche, si presenta come una soluzione irregolare; i diversi elementi sono tra loro svincolati da qualsiasi rapporto prospettico e non sono accomunati da coerenza di proporzioni. ll tutto è inventato con criteri iconologici che sfuggono anche ai più appassionati studiosi, autentico labirinto di simboli che avvolge chi si addentra fisicamente o intellettualmente. Questi i motivi che hanno ispirato molti artisti del tempo, come Annibal Caro, Bitussi e il Cardinal Madruzzo. ln seguito alla morte di Vicino Orsini, nessuno si curò più di questo luogo che dopo secoli di abbandono è stato rivalutato da intellettuali e artisti come Claude Lorrain, Johann Wolfgang von Goethe, Salvador Dali, Mario Praz e Maurizio Calvesi.
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